La cultura al tempo dei tagli economici e dei vuoti di potere e non solo, gonfia le sue vele mossa solo dal vento dell’amore e dalla passione per le cose, di chi ha ancora la forza di remare, naufraghi solitari spinti dalla speranza di salvezza.
Esiste a Scandicci un’isola, affogata dal traffico dei furgoni e dei camion, circondata solo da fabbriche e da cinesi in bicicletta, un pezzo di terra bona, un casolare, un fondo, un orto, una pergola e un forno per la ceramica. Paolo Staccioli (Scandicci, 1943) e la sua famiglia vivono da sempre lì. E lì hanno da sempre cavato il pane.
Nel suo straordinario libro “Pane nostro”, Pregdrag Matveijevic fa colloquiare il pane e la terra, o meglio paragona “fare il pane” con “fare la terracotta” e addirittura indica i due gesti come nati in contemporanea. L’impasto con l’acqua e con le mani, la lievitazione/essiccazione, la forma, la cottura, magari proprio sopra mattoni di terracotta. Il lavoro di Paolo e Paola Staccioli nella sua croccantezza leggera sa di pane e di terra.
Da quel recinto di terra il padre di Paolo, ortolano, faceva vivere la sua famiglia. E l’amore e il contatto sacro con quella terra toccata, lavorata, amata, con le sue mani grandi come pale, Paolo se lo porterà dietro tutta la vita. I colori di quell’orto, i paesaggi, gli animali, fanno ben presto, di Paolo Staccioli, pittore autodidatta. Dipinge con costanza e gioia, assimilando come una spugna tutto cio` che vede in città, a Firenze, dove si reca ogni giorno per lavoro. I quadri, i musei, le sculture, l’umanità degli artigiani di San Frediano, i consigli preziosi di antiquari e restauratori. Questa é stata la sua scuola. Le prime mostre nella sua amata Firenze, poi in giro per l’Italia. Quindi l’incontro fortunato con un artigiano di Faenza, un certo Santandrea, che fece di Staccioli un ubbidiente allievo capace di rubare con gli occhi tutti i segreti di quei riflessi e iridescenze che il mestierante riusciva ad ottenere e poi la volontà, l’entusiasmo e il divertimento dei nuovi interessanti risultati ottenuti con il proprio forno costruito in giardino, resero Staccioli indipendente, dando alla sua opera quello spigliato carattere originale dei lustri metallici. Lavora e produce molto. Espone al Museo delle Porcellane di Palazzo Pitti, al Museo Archeologico di Fiesole, il Museo Internazionale della Ceramica di Faenza gli acquista un’opera per la collezione, lavora all’International Ceramic Art Museum di Fuping in Cina, espone a New York e a Washington, e recentemente alla Sala delle Colonne a Pontassieve e al Museo Horne di Firenze:
Le figlie intanto crescevano e Paola, proprio dopo il liceo scientifico, non condivise le scelte del padre. Ma durante un lavoro impegnativo egli chiese aiuto proprio al talento di Paola e fu lei stessa, toccando la terra, a trovarvi subito quella familiarità di nido progenitore che tanto cercava. “come alcuni vengono all’arte chi per animo gentil…..” direbbe Cennino Cennini da Colle Val d’Elsa.
L’applicazione costante e lo studio poi delle delicate ceramiche orientali, fecero degli oggetti creati da Paola Staccioli esempi originali di sapienza tecnica ed estetica. Anche per lei, le prime esposizioni in negozi specializzati e in gallerie, fino all’importante mostra al Museo delle Porcellane di Palazzo Pitti a Firenze che consacra il lavoro di Paola Staccioli, dolce e leggero come una goccia di miele, e come incantate visioni della natura che attraversano silenziose il loro spazio magicamente fiabesco.
E`il silenzio della leggerezza, forse, la virtù essenziale degli Staccioli.
I guerrieri di Paolo, gli astanti, i busti degli eterni viaggiatori, le bocce e le fiasche, i cavalli, le giostre e tutta quella folla di colori e fiammate di rosso e di rame, di ossidi e iridescenze, altro non fanno che ricondurci ad una leggerezza cromatica, quasi naturale, ottenuta per riduzione; una lucentezza elegante e originale capace di difendere, come un guardiano buono, tutta un’ autenticità artistica toscana, etrusca, spesso difficile a ritrovare.
Il tramandare tra da padre a figlio la passione, la volontà, la forza creativa, i segreti del mestiere, il rispetto della tradizione rigenerata nelle sue originali versioni contemporanee, sono state le importantissime qualità che questa manifestazione ha da sempre voluto sottolineare e l’attribuzione del Premio Antica Arte dei Vasai a Paolo e Paola Staccioli, siamo certi, ne decreterà l’importanza come esempio umile e meritevole per le nuove generazioni.
Paolo e Paola Staccioli sono davvero il lustro della terra, della nostra terra, e da questa terra, da Montelupo a Siena a Sansepolcro, come succedeva a quelle straordinarie famiglie di artisti ceramisti che non ebbero eguali (cito solo i Della Robbia), gli Staccioli cavano la loro ispirazione e la restituiscono al mondo, forte e delicato, come un guerriero e una farfalla, come un cangiante caleidoscopio pieno di colori, di luce e di riflessi, capaci di riflettere il carattere degli autori ma soprattutto di noi stessi.
Carlo Pizzichin